UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ORTOGNATODONZIA
Direttore Prof. Vincenzo Piras
Le meccaniche di II classe:
Semplici elastici
o raffinato presidio terapeutico?
Specializzando: Dott.ssa Giuliana PECORELLA
Relatore : Dott. Raffaello CORTESI
Correlatore : Prof. Vincenzo PIRAS
INDICE
1. LE MECCANICHE DI II CLASSE pag.3
2. ABC ELASTICI pag.4
2.1 ELASTICI INTRAORALI pag.4
2.2 ELASTICI INTERARCATA pag.9
3. CONTROLLO VETTORI VERTICALI pag.12
4. CONTROLLO VETTORI SAGITTALI pag.21
5. MECCANICHE IN ANCORAGGIO pag.28
6. MECCANICHE DI COMPENSO pag.31
6.1 PRODONTO
6.2 STABILITA’
6.3 FUNZIONE
6.4 ESTETICA
7. MECCANICHE ORTOPEDICHE
7.1 RUOLO DEL MOVIMENTO DENTALE pag.34
8. MECCANICHE IN DECOMPENSO pag.37
8.1 RUOLO DEL TORQUE NELLA CORREZIONE SCHELETRICA
9. MECCANICHE CON VETTORI VERTICALI pag.
9.1 MOVIMENTI ESTRUSIVI NEI SETTORI ANTERIORI
9.2 PIVOT E MECCANICA INTERMASCELLAR
10. MECCANICHE CON FORZE DIREZIONALI
10.1 RUOLO DEI TERZI MOLARI
10.2 AZIONE TRASVERSALE
10.3 PROGRESSIONE MECCANICA DELLE II CLASSI ESTRATTIVE E NON ESTRATTIVE
10.3 LA GESTIONE DELL’ANCORAGGIO
10.4 MECCANICHE ASIMMETRICHE
11. BIBLIOGRAFIA
Le meccaniche di II Classe
James Mc Namara, (1) nel corso di una Lectio Magistrali, ha parlato dell’utilizzo di diversi tipi di apparecchiature ortodontiche nella sua routine giornaliera: riferendosi agli elastici di II classe, ha riportato una percentuale di utilizzo di circa il 60%. Senz’altro grandi numeri, che danno il senso dell’importanza dell’argomento. Gli elastici sono forze e come tali sono caratterizzate da tutte le variabili che riguardano le forze:
Intendiamo per direzione, l’andamento dell’elastico; per verso, il senso entro il quale si muove la forza; per intensita’, la lunghezza del vettore; infine, per punto di applicazione, il punto in cui viene applicata la forza. Gli elastici, essendo dei vettori, possono essere rappresentati secondo il parallelogramma delle forze.
Dal punto di vista generale, possiamo distinguere gli elastici in:
2. ABC ELASTICI
2.1 Pro e contro degli elastici intraorali
Gli elastici intaorali presentano una serie di vantaggi, che possono essere descritti come:
Allo stesso modo pero’ possono presentare altrettanti svantaggi:
Biomeccanicamente gli elastici rappresentano una forza singola che si puo’ sviluppare:
Gli elastici intrarcata sono comunemente chiamati elastici di I Classe, adibiti alla chiusura di spazi in arcata.
Tra questi possiamo distinguere:
Una delle regole fondamentali degli elastici (5), si basa sul principio per cui non e’ possible utilizzare forze elastiche su fili elastici in quanto determinano un cambiamento delle caratteristiche fisiche dei fili. Un esempio puo’ essere dato dal cosiddetto ‘’effetto ottovolante’’ che si verifica in tecnica Straight Wire nei casi in cui non si tenga fede a questo principio. )Se trovandoci di fronte ad un caso estrattivo, l’estrazione di un primo premolare superiore per esempio, utilizziamo una catenella elastica a chiudere, che tira con una forza di 200 grammi su un filo in nichel titanio che esprime una forza di 100 grammi, invece che su un acciaio, vedremo come la forza della catenella, soverchiando quella del filo, spinge in dietro la corona del canino. Il nichel titanio infatti, non presenta una grande stabilita’ orizzontale, per cui l’aggiunta della molla su un filo nichel titanio determinera’ la disto angolazione del canino. Conseguentemente, la deflessione del filo darà luogo all’estrusione del gruppo incisivo e ad una leggera intrusione del settore posteriore, con l’istaurarsi di un morso aperto laterale.
Quindi, presupposto imprescindibile per l’utilizzo degli elastici di I classe e’ che vengano utilizzati su fili rigidi come lo .020 SS o lo .019x.025 SS.
2.1 Elastici interarcata
Gli elastici interarcata sono quelli di II e di III classe.
Gli elastici di II classe hanno un andamento da distale inferiore a mesiale superiore,
tale da favorire il miglioramento dei problemi di II classe e possono essere utilizzati per:
-correggere una malocclusione
-dettagliare l’occlusione in funzione dell’ancoraggio, della forza e del tempo di applicazione.
L’elastico intermascellare puo’ essere rappresentato graficamente da un vettore che ha una direzione, un verso, un’intensita’ e un punto di applicazione.
A sua volta il vettore puo’ essere scomposto, secondo il parallelogramma delle forze, in componenti sagittali e verticali, che nella loro espressione, inducono movimenti della dentatura e variazioni nei rapporti reciproci fra le basi scheletriche.
Poniamo il caso di trattare una seconda classe dentale e scheletrica con elastici di II classe: per la scomposizione del vettore forza, l’arcata inferiore, nella zona molare, sara’ sollecitata da un vettore mesializzante ed estrusivo,
i molari tenderanno a mesializzare e ad estrudere, ed inoltre andranno incontro ad una mesio angolazione nei casi in cui vengano posti i tubi convertibili al posto della bande, onde evitare cio’, sara necessario porvi una legatura metallica serrata; il gruppo incisivo invece, sara’ spinto a proclinarsi vestibolarmente
Contemporaneamente, l’arcata superiore, nella zona anteriore, sara’ sollecitata da un vettore distalizzante ed estrusivo
gli incisivi tenderanno a lingualizzarsi e ad estrudere mentre la zona molare sara’ sottoposta ad una forza distalizzante. La somma di questi movimenti portera’ indubbiamente ad un miglioramento dei rapporti reciproci di II classe dentale, ma parallelamente provocherà una rotazione oraria del piano occlusale che, con l’estrusione posteriore, potra’ dare una postrotazione mandibolare: questo comporta un arretramento del pogonion che indurra’ un paradossale peggioramento della classe scheletrica.
Se la mandibola post ruota, il terzo inferiore del viso e in particolare il mento, si abbassa e arretra, cio’ determina un conseguente aumento del terzo inferiore del viso. Inoltre, se il gruppo anteriore superiore estrude, durante il sorriso viene scoperta una maggiore quantita’ di gengiva aderente, determinando la comparsa del cosiddetto ‘’sorriso gengivale’’.
Ad un occhio inesperto puo’ sembrare di andare incontro verso una situazione di compenso dentale, ma in realta’ non e’ altro che un subire passivamente gli elastici senza riuscire a gestire i movimenti sagittali e verticali della dentatura tramite un sistematico controllo dell’ancoraggio.
3. Controllo vettori verticali
Questa meccanica sembrerebbe non essere congruente con la risoluzione della malocclusione, infatti cio’ che va ricercato e’ un contestuale miglioramento della classe dentale e della classe scheletrica. Come? Cercando un controllo del piano occlusale.
Nella tecnica di Tweed (6) e’ possible ottenere un’anterotazione del piano occlusale utilizzando le trazioni ad archi separati, J Hook, ottenendo un contemporaneo miglioramento sia della classe dentale quanto di quella basale. Cio’ che la tecnica straight wire si prefigge invece, e’ il mantenimento della stabilita’ del piano occlusale, ottenuta mediante l’eliminazione delle componenti estrusive, utilizzando sistemi d’ancoraggio.
L’impiego di archi quali lo .020 SS e lo .019x.025 SS, ostacolano l’espletarsi dei vettori verticali sul molare inferiore e sul gruppo incisivo superiore.
4. Controllo vettori sagittali
La meccanica di II classe effettuata mediante l’utilizzo di elastici di II, presenta dei punti deboli su entrambe le arcate, superiore ed inferiore.
L’azione del vettore orizzontale, determina la vestibolarizzazione del gruppo anteriore inferiore, che, per non subire l’eccessiva proclinazione, deve essere messo in ancoraggio. L’utilizzo di un torque radicolo-vestibolare, permette al gruppo incisivo inferiore di ostacolare l’azione espletata dal vettore sagittale.
Superiormente, il gruppo anteriore, sara’ sollecitato da un vettore estrusivo, che determinera’ un cambiamento dell’inclinazione degli incisivi sul piano bispinale, endoinclinandoli. Questa volta, l’impiego di un torque radicolo-palatale, permettera’ agli incisivi superiori di opporsi al movimento estrusivo ed endoinclinante.
Nella tecnica straight wire, (5) Vector 3, MBT, Step, le pre-informazioni contenute nelle apparecchiature, sono tali da supportare le meccaniche di II classe.
. A tale scopo, e’ necessario utilizzare archi rettangolari come lo .019x.025 o lo .021x.027 in acciaio, che permettono alle informazioni di terzo ordine contenute nei brackets di poter essere espresse completamente.
5. Meccaniche in ancoraggio
Le forze sono caratterizzate dall’intensita’ e dal tempo di applicazione.
Per vedere dei risultati a seguito dell’espletarsi di una forza, il parametro piu’ importante da considerare e’ il tempo di applicazione.
Nella correzione di classe, il paziente dovra’ portare gli elastici per un tempo protratto e, utilizzando forze abbastanza intense, se il livello di forza aumenta (7), sara’ d’obbligo controllare le varie componenti del sistema d’ancoraggio come ad esempio il tipo di filo, la grandezza degli archi, il ruolo del torque, il tipo di legature impiegate. Il protocollo da seguire comprendera’ quindi :
6. Meccaniche di compenso
I pazienti che si presentano alla nostra osservazione possono presentare problemi di natura dentale e problemi di tipo scheletrico
Sappiamo dalla letteratura, che una I classe scheletrica ci permette di sostenere una I classe dentale non compensata. Ma perche’ e’ necessario raggiungere una I classe dentale? Pur non avendo grandi evidenze scientifiche sull’importanza dell’ottenimento di una I classe dentale, l’ortodontista se ne prefigge sempre il raggiungimento a fine trattamento.
L’unica affermazione che abbia una rilevanza scientifica ci e’ data da Williamson, il quale ritiene che la I classe dentale ci permette di avere i muscoli elevatori in una condizione di equilibrio.
Cochic, parla dei limiti tra arte e scienza e sembra quasi che l’ottenimento della I classe dentale si confaccia piu’ a qualcosa di artistico che non a dei fondamenti scientifici.
Considerando i denti in posizione ideale sulle basi, in un paziente normodivergente, in presenza di un rapporto molare e canino di I classe, l’OvJ risultante sara’ di 2mm. Al contrario, in presenza di un angolo ANB pari a 4, ed OvJ di 4mm, considerando sempre la stessa divergenza scheletrica, al fine di poter raggiungere una I classe dentale, andremo a ricercare un lieve compenso.
Quindi, tutte le volte che ci troviamo di fronte ad una II classe scheletrica, per arrivare al conseguimento di una I classe dentale, dovremo mettere in atto delle metodiche di compenso date dalla lingualizzazione degli incisivi superiori e dalla vestibolarizzazione degli incisivi inferiori.
Se l’azione del vettore sagittale, che si esplica con gli elastici di II classe, dovesse essere congruente con il nostro piano di trattamento, lasceremo che si estrinsechi, riducendo i livelli di ancoraggio anteriore, utilizzando dei moduli elastici invece delle legature metalliche serrate.
Ill torque relativo dato dai 10° di gioco dovuti al sottodimensionamento dell’arco .019’’x.025’’ nello slot .022’’x.028, ci consentono di raggiungere un compenso per pochi millimetri di discrepanza.
Ma, fino a che punto e’ possible ricercare il compenso?
Esiste un limite tra un paziente sottoponibile ad un compenso dentale e un paziente chirurgico?
Non esistono dei numeri, ma bensi’ una molteplicita’ di pazienti che presentano innumerevoli situazioni. Certo e’, che una volta intrapresa la strada del compenso dentale, semmai si dovesse decidere per un decompenso, il suo raggiungimento sarebbe di non facile ottenimento.
Al fine di poter decidere che tipo di trattamento effettuare, e’ possible valutare alcuni parametri che ci permettono di capire i limiti del compenso:
6.1 Parodonto
Il parodonto puo’ costituire un problema in presenza di denti vestibolarizzati.
Vanarsdall (8), Artun e Krogstad (9), Ngan (10),
dicono che la vestibolarizzazione degli incisivi inferiori puo’ determinare problemi parodontali.
In particolare, Artun e Krogstad (9) hanno posto la loro attenzione sulla decompensazione dei pazienti in III classe chirurgica, tramite l’esoinclinazione degli incisivi inferiori e l’endoinclinazione degli incisivi superiori. Gli Autori, valutando lo stato del parodonto, hanno visto come l’eccessiva proclinazione degli incisivi possa creare danni;
l’abbassamento del livello osseo infatti, da’ origine a recessioni. Tutto dipende pero’ dai livelli di forza impiegati; in passato venivano utilizzate forze di 300 grammi, ad oggi, la tendenza e’ quella di adoperare forze piu’ leggere possibile, tali, da determinare il movimento dentale.
Il primo articolo che ha parlato di riassorbimento ed apposizione ossea in seguito all’applicazione di una forza sui denti e’ stato quello di Sandstedt (11)nel 1904, il uale ha riscontrato apposizione ossea dal lato dell’applicazione della forza e riassorbimento dal lato opposto,lato di tensione.
Ren e Maltha (12), facendo una revisione sistematica della letteratura, ci dicono che non esistono livelli ideali di forza ottimale per esprimere il movimento dentale.
Profitt, (13) in the Biological Basis of Orthodontic
Therapy, afferma che le forze ortodontiche ideali dovrebbero essere appena sufficienti a stimolare il movimento del dente senza interrompere il flusso vascolare al legamento parodontale. Questo lavoro e’supportato anche da Kronka e Watanabe (14), i i quali ritiengono che sotto determinati livelli di forza non abbiamo la chiusura dei vasi della micro angio struttura che perfonde il parodonto, per cui il flusso di ossigeno non e’ ostacolato e c’e’ un turn over osseo continuo che permette di avere sul lato dell’applicazione della forza un’apposizione ossea.
Artun, (15) in un altro studio del 2001,
afferma che se procliniamo gli incisivi, tenendo conto della linea A-Pg come limite anteriore della dentatura, non andremo incontro a problemi parodontali.
La Melsen (16-17) nel 2003 ha evidenziato come il movimento labiale degli incisivi inferiori non determini un deterioramento clinico del parodonto perche’ i denti non si muovono nell’osso e nella gengiva, ma con l’osso e con la gengiva.
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6.2 Stabilita’
Parlando di stabilita’ e’ necessario riflettere sul perche’ espandiamo le arcate. L’espansione delle arcate non e’ altro che uno dei modi per aumentarne lo spazio, qualora sia deficitario. Ma, l’espansione ottenuta si mantiene nel tempo?
Peak (18) e Gianelly (19) sostengono che non sia possibile aumentare il diamentro intercanino perchè, la recidiva sarebbe certa.
Nanda (20) e Adkins (20) sono fautori dell’espansione a livello molare, perchè ritenuta stabile rispetto a quella canina. Nanda, (21) Gianelly (19) e Lindauer (22) affermano infatti, che i cambiamenti della forma d’arcata a seguito dell’espansione, sono più stabili nel settore posteriore, ma il guadagno di spazio riscontrato è minore.
A livello molare infatti, per ogni millimetro d’espansione, si ha un incremento di spazio in arcata pari a 0,4mm; a livello canino invece, l’aumento è pari a 0,7mm per ogni millimetro d’ampliamento dell’arcata.
Little (23-24) ritiene che è possibile espandere le arcate trasversalmente, così come, allungare l’arcata di un millimetro mediante la proclinazione degli incisivi, ma questi cambiamenti indotti non perdurano nel tempo;
a ribadire ciò è intervenuto Alexander (25), affermando che l’espansione sebbene possibile, introduce instabilità nel sistema.
In seguito, Dugoni (26), ha asserito che l’unico modo che consente di trattare l’arcata inferiore senza andare incontro ad episodi di recidiva, è dato dall’utilizzo dell’arco linguale saldato, che permette di sfruttare lo spazio ottenuto con il leeway space.
La stabilità quindi si ottiene mediante il mantenimento della forma d’arcata; i denti infatti, si trovano in equilibrio neuromuscolare ottenuto mediante l’annullamento delle forze derivanti dal cingolo periorale e dalla lingua. Minori sono i cambiamenti indotti, maggiore è la stabilità futura, non è vero infatti che il raggiungimento di una I classe dentale sia garanzia di una stabilità successiva.
6.3 Funzione
L’eccessiva proclinazione degli incisivi inferiori dà problemi funzionali perché proclinando eccessivamente gli incisivi inferiori e raddrizzando troppo gli incisivi superiori, bruciamo OvJ non riuscendo più ad avere la guida canina.
O’ Higgins (27) e Hob (28) ritengono che cambiando il torque degli incisivi inferiori allunghiamo l’arcata; se infatti procliniamo troppo gli incisivi inferiori, azzerando l’OVJ, l’arco di cerchio diventa più lungo, e come conseguenza si ha il raggiungimento del testa a testa incisivo,senza il conseguimento della classe canina. Infatti per ogni 5° di variazione dell’inclinazione dell’incisivo inferiore, si ottiene un avanzamento di 1 millimetro del margine incisale.
Esasperando la meccanica, per tempi protratti e ricercando il compenso dentale, otteremo un cedimento dell’ancoraggio verticale dato dall’impiego dell’arco .019x.025 SS, che mi darà luogo ad un morso aperto anteriore e per la cui correzione, ricorreremo all’impiego degli elastici corti anteriori, i quali, facendomi estrudere il settore anteriore superiore, mi determineranno la comparsa del sorriso gengivale.
In caso di perdita d’ancoraggio con l’azzeramento dell’OvJ e dell’OvB, ed i canini in II classe, possiano ricorrere allo stripping del settore anteriore inferiore, con in aggiunta gli elastici di III classe che evitano la proclinazione degli incisivi inferiori e la trazione extraorale che mi mantiene in ancoraggio i primi molari superiori. E’ necessario quindi rifuggire il compenso dentale, che ci allontana da una situazione ideale di corretta guida canina.
6.4 Estetica
L’impiego prolungato degli elastici di II classe determina anche un cedimento degli ancoraggi verticali. Si ha quindi la comparsa del sorriso gengivale, dovuto ad un’eccessiva perdita di torque sugli incisivi superiori, e il determinarsi di una rilevatezza del labbro inferiore, ottenuta a seguito della vestibolarizzazione degli incisivi inferiori. Ciò non permette di potere perseguire il raggiungimento, dei tanto propugnati, canoni estetici.
7. Meccaniche ortopediche
Quando si parla di meccaniche ortopediche, si intende un intervento correttivo eseguito in un paziente di II Classe scheletrica, di pertinenza mascellare o mandibolare.
Le possibilità di intervento sono di due tipi:
L’impiego delle meccaniche intermascellari prevede l’utilizzo, ma nello stesso tempo, il controllo dei vettori sagittali, in assenza dei quali avremo l’eccessivo raddrizzamento degli incisivi superiori e la vestibolarizzazione degli inferiori, ritrovandoci di fronte ad arcate non compatibili con il ripristino di una corretta occlusione di I classe dentale. Sarà quindi necessario, mettere in ancoraggio le arcate, a meno chè il nostro piano di trattamento, non preveda che questi movimenti dentali, siano compensatori a situazioni scheletriche non di I classe, operando così un camouflage dentale.
Nei pazienti in crescita, la correzione ortopedica di una II classe scheletrica per opera di elastici intermascellari, sarà effettuata mediante la prima modalità d’intervento e cioè, tramite un’azione attuata sui denti, tenuti in ancoraggio, tale da trasmettersi alle basi ossee. Un’azione di tipo ortopedico, esclude l’impossibilità di non poter interferire con la crescita, considerando determinate strutture come passibili di modificazioni da parte dell’ambiente esterno, indicando con ciò, la loro non predeterminazione genetica. A tal riguardo, è necessario quindi distinguere:
Da questa distinzione si evince come sia possibile intervenire con la terapia sulle zone di crescita, contrariamente all’impossibilità d’azione sui centri di crescita.
Il primo studio a riguardo risale al 1952 con la Teoria Suturale di Sicher (29), il quale identificò il periostio, le suture e la cartilagine come centri di crescita e in quanto tali, predeterminati geneticamente.
Successivamente nel 1962 Scott (30-31), introdusse la Teoria Cartilaginea, dove dissentendo con quanto detto da Sicher in precedenza, dava legittimità come centri di crescita solo alle cartilagini.
Moss (32-33), più avanti, con la Teoria della Matrice funzionale, nega che ci sia una responsabilità genetica diretta sulla crescita dell’osso e introduce il concetto di matrice funzionale come responsabile della crescita ossea stessa. Distingue inoltre la matrice funzionale in periostale e capsulare, le quali agiscono su unità microscheletriche e macroscheletriche.
Le matrici funzionali periostali sono rappresentate da vasi, nervi, tendini che, agendo sul periostio, inducono una crescita in unità microscheletriche, cioè su una parte di osso. Un esempio può essere il tendine del muscolo temporale, che rappresenta la matrice periostale, che agendo su un’unità macroscheletrica, rappresentata dal processo coronoide della mandibola va a svilupparlo.
Diverso è il concetto di matrice funzionale capsulare, rappresentate da organi o funzioni, le quali agiscono su unità macroscheletriche, cioè su un complesso di ossa. Il cervello costituisce un esempio di organo, la cui espansione induce la crescita della scatola cranica. La cavità orale invece, rappresenta un esempio di funzione, in quanto grazie all’ azione masticatoria, fonatoria e respiratoria, permette l’espansione dei mascellari.
Van Limborg (34), rifacendosi a lavori di Vander Clauv, ha ribaltato tutta la terminologia e ha distinto fattori genetici intrinseci, fattori epigenetici locali e generali e fattori ambientali locali e generali.
I fattori genetici intrinseci presuppongono un controllo genetico; i fattori epigenetici generali sono rappresentati da ormoni e vitamine; un esempio di fattori epigenetici locali è dato dalle matrici funzionali capsulari di derivazione genetica, cervello o funzione; per fattori ambientali generali si intende il condurre per esempio uno stile di vita sano piuttosto che disagiato; invece, le matrici funzionali periostali possono costituire un esempio di fattori ambientali locali.
Con la sua teoria Van Limborg (34), parlando di sviluppo e crescita cranio facciale, individua nella sincondrosi sfeno occipitale il fattore genetico intrinseco per eccellenza, conferendogli dignità come l’unico centro di crescita esistente; l’autore considera invece il condilo come una zona di accrescimento secondaria, di cui è possibile influenzarne la crescita.
Quanto detto precedentemente, ci consente di intervenire nel modo migliore, qualora il trattamento delle II classi interessi pazienti in crescita.
Quindi, alla domanda se fosse possibile influenzare la crescita dei mascellari, diversi Autori hanno risposto in maniera disparata. Al giorno d’oggi (35-36), per poter fare una valutazione di questo tipo sarebbe necessario l’impiego di markers scheletrici, così come dimostrato dalla Melsen (37),
, che ci permettano di poter eseguire misurazioni corrette, che non è possibile effettuare con il solo ausilio di una teleradiografia del cranio.
A livello mascellare, Droschl (35) ed Elder (36) hanno riscontrato, tramite l’impiego della trazione extraorale sulle scimmie, una riduzione della crescita del terzo medio.
Sui bambini, invece, Nanda (38) e Weislander (39) sono stati sostenitori della stessa azione operata dalla trazione extraorale, sul mascellare superiore. Per poter effettuare una valutazione precisa di quanto la trazione possa influenzare la crescita, sarebbe utile l’impiego di impianti, perché la semplice sovrapposizione su punti di repere teleradiografici non è molto precisa.
Petrovic e Stuzman (40) sono stati Autori nel 1994, di uno studio che analizzava la propulsione mandibolare mediante l’utilizzo di apparecchiature, come gli apparecchi funzionali, che si avvalevano dell’estrinsecazione di forze intermittenti sul complesso muscolare. L’azione verteva attorno all’attività del muscolo pterigoideo esterno, il quale prende inserzione sul collo del condilo dove è presenta una ricca zona cartilaginea precondroblastica che denuncia una particolare attività mitotica. L’attivazione del muscolo pterigoideo (41) stimola la crescita a livello condilare, ma affinchè se ne possa riscontrare il cambiamento, è necessario che lo stimolo esercitato sia di tipo intermittente, contrariamente a ciò che si riscontra con propulsori mandibolari di tipo fisso, come l’Herbst, in seguito al quale utilizzo, si denota una risposta di tipo adattativo, che determina sii, un avanzamento mandibolare, ma ottenuto a seguito di un rimodellamento del complesso condilo-menisco-fossa. Ciò non vuol dire che le azioni di tali apparecchiature, funzionali e propulsori mandibolari, diano luogo esclusivamente ad un aumento dimensionale della mandibola nel primo caso ed un rimodellamento nel secondo caso, ma, pur potendo determinare contemporanemente entrambi i risultati, il loro impiego risulta essere specifico, per il conseguimento di una delle due finalità.
Nel bambino, entrambi i tipi di crescita mandibolare possono essere perseguiti; ciò è stato confermato da Autori quali McNanara (42-43), nei suoi molteplici lavori, in cui si è avvalso dell’utilizzo dell’apparecchiatura funzionale di Fraenkel, così come da Pancherz (44), fautore dell’impiego dell’Herbst, propulsore mandibolare fisso, per la correzione dell II classi causate da un iposviluppo mandibolare.
Quindi asserendo che la crescita cranio facciale sia passibile di influenza, Gianelly (19) e Creekmore (45) si sono interrogati se, gli spostamenti ottenibili a carico dei mascellari siano tali da poter indurre la correzione di una relazione intermascellare di II classe;
ciò in funzione del fatto che sia possibile ottenere uno spostamento del mascellare, in avanzamento o in arretramento pari a 1-2 millimetri (19)
e un cambiamento a carico della mandibola di 2-3 millimetri, la cui crescita però non avviene esclusivamente verso l’avanti, ma anche verso il basso.
Ma qualè il trend di crescita in un paziente in prima classe scheletrica?
Nanda nel 2004 (46),
analizzando dei pazienti in I classe scheletrica non trattati, ha evidenziato come l’angolo SNA non vada in contro a cambiamenti significativi, questo perché durante la crescita il mascellare superiore cresce proporzionalmente(mantiene rapporti costanti) con la base cranica, mentre l’angolo SNB va incontro ad un incremento, soprattutto nei maschi. Ciò vuol dire che l’angolo ANB si riduce ed il profilo tende a regolarizzarsi modificandosi da convesso a rettilineo e ciò, è da imputare ad un avanzamento del Pogonion. In conclusione, quindi, il paziente in I classe è sottoposto ad un tipo di crescita favorevole.
I pazienti in II classe scheletrica vanno incontro a cambiamenti significativamente diversi rispetto ai soggetti valutati precedentemente e questa difformità è stata apprezzata sia in positivo quanto in negativo dato che la letteratura ci propone pareri contrastanti.
Bishara nel 1997 (47), asserisce che nei soggetti con malocclusione di II classe, la mandibola cresce maggiormente rispetto a coloro i quali sono invece sottoposti ad una crescita regolare e riconduce tale differenza ad 1 millimetro all’anno; se ciò fosse una costante, avrebbe luogo una correzione naturale della discrepanza scheletrica.
Ngan (48), nel 1987, afferma invece, che il mascellare inferiore, nei soggetti affetti da iposviluppo mandibolare cresca meno di 10 millimetri, rispetto ai soggetti in I classe basale.
Volendo rifarci ad uno studio più preciso, possiamo prendere in considerazione quello di Stahl, Franchi e Baccetti (49) del 2008 basato su una valutazione stadiata della maturità scheletrica in pazienti di I e II classe non trattati.
Esaminando gli stadi CS1, CS2, CS3, CS4, CS5, CS6, gli Autori, hanno individuato in 2,9 millimetri di incremento annuo, la differenza fra i due modelli di crescita di I e II classe, riscontrato durante il picco (CS3) (50), prima e dopo il quale la crescita mandibolare è risultata essere pressappoco la stessa.
Ad Archie Cochrain, ricercatore del secolo scorso, è stata dedicata la Cochraine-Collaboration (51), una fondazione no-profit, nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative alla efficacia e all’efficienza delle apparecchiature ortodontiche. Ciò costituisce un fondamento importante per la valutazione di un presidio ortodontico, perché da una parte ci permette di rilevare l’efficacia
e cioè la capacità di un protocollo terapeutico di poter raggiungere gli obiettivi prefissati di correzione dell’anomalia dento-scheletrica. Dall’altra parte invece, possiamo ponderarne l’efficienza,
che non è altro che l’insieme dell’efficacia, della durata del trattamento e dell’appropriatezza; intendendo per durata, la capacità del presidio ortodontico utilizzato, di poter ottenere la correzione stabilita nel più breve tempo possibile; per appropriatezza ci si riferisce all’abilità nel poter soddisfare le aspettative del paziente contestualmente alla risoluzione della malocclusione dento-scheletrica. Quindi un’apparecchiatura risulta essere efficiente
quando è possibile riscontrarne i risultati nel più breve tempo possibile e in accordo con le esigenze del paziente. E’ possibile quindi fare un’attenta valutazione delle meccaniche ortodontiche utlizzate, ponderandone il raggiungimento dello scopo prefissato, nel minor tempo possibile e in risposta alle aspettative del paziente.
Quindi… l’incremento annuo di 2,9 millimetri stimato da Franchi e Baccetti (49-50), costituisce un limite d’efficacia proprio dell’apparecchiatura ortodontica, conferendogliene o meno, una validità terapeutica.
Per quanto concerne gli elastici di II classe, Petrovic e coll (40) in uno storico lavoro del 1994, hanno quantificato in 3 millimetri annui la crescita supplementare della mandibola, in pazienti sottoposti a trattamento con meccaniche intermascellari di II classe, rispetto a pazienti non trattati:
questo plus di crescita fa rientrare gli elastici nel novero delle ‘’apparecchiature efficaci’’(49-50), tali da risolvere un problema dentale ma, in questo caso, un problema basale di II classe.
E’ necessario precisare che la risoluzione di una II classe, dentale e scheletrica, è resa possibile solo quando la discrepanza dentale è pari a 3mm e non siamo quindi in presenza di una II classe piena, di un dente. Una correzione favorevole di una II classe, mediante elastici di Ii classe, richiede quindi, la presenza di versanti cuspidali favorevoli in presenza di altrettanti piani inclinati favorevoli; ciò vuol dire che le creste di sviluppo dei premolari superiori devono trovarsi in posizione distale rispetto a quelle dei premolari inferiori.
Inoltre, l’impiego degli elastici di II classe può essere considerato efficiente, perché in base all’utilizzo da parte del paziente, la durata del trattamento ortopedico-ortodontico varia dai 6-8 mesi ai 12 mesi, qualora non vengano utilizzati pedissequamente.
Ci sono però delle prescrizioni a cui è necessario attenersi, tra cui il corretto timing. Baccetti e coll (52), Faltin e coll (53) hanno evidenziato che gli effetti maggiori sulla crescita mandibolare da parte degli apparecchi ortopedico/funzionali si realizzano quando il picco di crescita puberale è incluso all’interno del periodo di trattamento.
Altro presupposto è dato dalla presenza di un’anatomia strutturale della mandibola favorevole:
Petrovic e Laverne nel 1983 (54), hanno ampiamente dimostrato l’importanza del tipo scheletrico del paziente trattato, individuando nei pazienti compresi nella classe auxologica V, i soggetti che meglio possono rispondere allo stimolo di una terapia con finalità ortopedica mandibolare.
Bjork nel 1969 (55), aveva distinto i vari tipi di crescita in oraria e in antioraria, identificando certi tipi di facce, mediante il riconoscimento di sette sintomi che permettono di orientare la crescita in senso orario o in senso antiorario. Essi sono:
L’Autore (55) ha riscontrato che i soggetti con crescita mandibolare in ante rotazione (CCW), siano beneficiari di un miglior risultato terapeutico se sottoposti ad una terapia ortopedica a carico della mandibola.
Recentemente Franchi e Baccetti (56),
in un lodevole sforzo di semplificazione, hanno tolto i più dall’imbarazzo di imparare la classificazione di Petrovic (57) sulle classi auxologiche: dall’analisi di 51 pazienti, trattati con terapia ortopedico/funzionale, mediante Twin block ed Herbst, al picco (CS3 a T1), hanno individuato, nella grandezza dell’angolo goniaco (56),
, il parametro di riferimento nella valutazione dei pazienti che rispondono favorevolmente alla terapia, in termini di crescita mandibolare efficace, cioè superiore ai 2,9 mm annui di crescita supplementare, rispetto al modello di crescita delle II classi.
Il valore limite riscontrato nella misurazione di Co-Go-Me e 125,5 +/- 2,5;
gli Autori (56) hanno così dimostrato che i pazienti con valori angolari al di sotto di tale valore soglia, rispondevano bene al trattamento, mentre i pazienti con valori superiori rispondevano meno bene alla terapia con apparecchiature ortopedico/funzionali.
Un altro punto importante su cui soffermarsi riguarda la considerazione sulla crescita mandibolare ottenuta, se risulta essere sufficiente nel poter determinare la correzione di un rapporto di classe. Se infatti il paziente presenta un angolo goniaco aperto, sarà sottoposto ad una crescita oraria, contrariamente a chi espone un angolo goniaco chiuso, considerato essere più favorevole nella risoluzione di una discrepanza. Infatti, in questi ultimi, le correzioni dovute ad una diminutio trasversale, potranno essere più evidenti perché frutto di una maggiore riduzione dell’angolo ANB, proprio per l’orientamento di crescita in ante rotazione (55).
A conclusione di quanto detto precedentemente, per poter ottenere un’azione ortopedica con l’ausilio degli elastici di II classe è necessario esaudire due condizioni:
Se non fosse possibile rispettare queste condizioni, verranno messe in atto delle meccaniche di compenso della dentatura rispetto alla situazione scheletrica presente, che, in una malocclusione di II classe, sono rappresentate dall’endoinclinazione degli incisivi superiori e la esoinclinazione degli incisivi inferiori.
7.1 Ruolo del movimento dentale
In presenza di una II classe scheletrica e dentale è necessario impostare il trattamento ortopedico/ortodontico sia dal punto di vista diagnostico, sia da quello della programmazione terapeutica. Se infatti, si è orientati verso una correzione che passi da una prima fase di distalizzazione dell’arcata superiore, non è possibile pensare successivamente in termini di avanzamento mandibolare, perché ne deriverebbe un’inversione del morso anteriore. Infatti ogni millimetro di compenso dentale, riduce di eguale entità, la potenziale correzione ortopedica
L’uso prolungato delle meccaniche intermascellari, in assenza di presidi d’ancoraggio, mi determina una riduzione notevole dell’OvJ, in assenza del quale non sarà possibile effettuare una correzione basale.
Un esempio può essere dato dall’impiego di elastici di II classe su fili tondi, in presenza di un ANB di 6°,OvJ di 6mm, in assenza d’ancoraggio. Quello che ci si auspica nella correzione, in condizioni ideali, è di poter ottenere 2 mm di OvJ; i restanti 4 mm ci permetteranno di effettuare un compenso dentale, una correzione ortopedica o entrambe; ciò in base all’obiettivo che ci si è prefissati.
Protraendo una meccanica di II classe, per tempi prolungati e in assenza di ancoraggio, avremo una vestibolarizzazione degli incisivi inferiori da attribuire alla mesializzazione del molare inferiore, una perdita del torque del gruppo anteriore superiore che a lungo provocherà la comparsa del sorriso gengivale;
inoltre il cambiamento d’inclinazione degli incisivi superiori circoscriverà l’ampiezza dell’arcata superiore ad un arco di cerchio inferiore tale da non permettere la risoluzione della classe canina che persevererà in una II classe; ed infine, la posterotazione del piano occlusale dovuta all’estrusione del molare inferiore, produrrà come conseguenza il peggioramento della classe scheletrica.
Al fine di poter effettuare una correzione ortopedica, e in modo da poter evitare l’estrinsecarsi degli effetti negativi descritti precedentemente, sarà utile l’impiego degli elastici di II classe mediante l’ausilio di presidi d’ancoraggio, quali :
8. Meccaniche in decompenso
Due variabili imprescindibili da considerare
, sono il tempo e l’intensità della forza (2), perché esse costituiscono il limite delle meccaniche intermascellari in utilizzo, in quanto il procrastinarsi del loro impiego determina una perdita d’ancoraggio.
Fino a questo momento è stata posta l’attenzione sulle meccaniche ortopediche e sul compenso che possiamo mettere in atto o che ne può derivare in assenza di presidi d’ancoraggio; inoltre è stato evidenziato come, al fine di poter ottenere il massimo della risposta ortopedica risulti indispensabile rifuggire il compenso dentale.
Quindi, in primo luogo, sarà necessario mentenere l’inclinazione degli incisivi sulle basi ossee, in modo tale da poter sfruttare l’OvJ presente, che ci consentirà di poter ottenere una correzione basale. Successivamente, per poter sfruttare al massimo le finalità ortopediche è possibile mettere in atto delle meccaniche in decompenso ottenute tramite l’applicazione del torque inverso agli incisivi, superiori ed inferiori, che risulterà essere contrario al movimento a cui vengono sottoposti i denti a seguito dell’applicazione della meccanica di classe. Più precisamente, in una II classe basale, trattata con una meccanica intermascellare di II, verrà dato del torque radicolo palatale agli incisivi superiori, in modo tale da contrastarne la lingualizzazione; mentre inferiormente si applicherà del torque radicolo vestibolare che ostacolerà la vestibolarizzazione del gruppo incisivo inferiore.
Tutto questo sarà possibile, in base alla discrepanza di fronte alla quale ci troviamo; se infatti il divario scheletrico è di notevole entità, non potrò ottenere una correzione mediante compenso dentale, per cui dovrò avvelermi dell’utilizzo della meccanica intermascellare in massimo ancoraggio, di modo che, le forze trasmesse sui denti possano ripercuotersi a livello basale, ma il protrarsi della meccanica di classe determinerà comunque una perdita d’ancoraggio, per evitare la quale, si renderà necessaria l’applicazione di una meccanica in decompenso.
Infatti aumentando il torque, negativo sugli incisivi inferiori e positivo sugli incisivi superiori, preveniamo la perdita d’ancoraggio, in presenza della quale comunque, si procede nel senso della correzione della malocclusione, attuando così un compenso dentale.
8.1 Ruolo del torque nella correzione scheletrica
Si è discusso precedentemente, su come l’accentuazione del torque, positivo per il gruppo incisivo superiore e negativo per quello inferiore, permetta il miglioramento dei rapporti scheletrici.
Mitchell in un lavoro del 1978 (58),
ha valutato su due gruppi di pazienti, l’applicazione del torque sugli incisivi centrali superiori per mezzo di due differenti tecniche, asserendo alla fine, che la posizione delle radici degli incisivi superiori influenza il punto A, il cui cambiamento consente il miglioramento della II classe basale.
9. Meccaniche con vettori verticali
La presenza di vettori verticali in un sistema di II classe dà luogo a movimenti estrusivi.
L’elastico, essendo un vettore, può essere scomposto nel parallelogramma delle forze in un vettore orizzontale e in uno verticale; quest’ultimo, determinando estrusione, produce un’influenza sul morso causandone una chiusura se l’azione è diretta anteriormente sull’arcata,
ed un’apertura se il punto d’applicazione della forza è posteriore..Questi movimenti non sono altro che la conseguenza dell’utilizzo degli elastici di II classe che provocano l’estrusione degli incisivi superiori e del molare inferiore, influenzando negativamente il piano occlusale che tende a posteroruotare.
In teoria è possibile sfruttare questi movimenti estrusivi in maniera selettiva di modo che si possa ottenere una correzione del morso.
In presenza di un morso profondo, se applichiamo sulle arcate, una meccanica differenziata utilizzando un arco a pieno spessore superiormente ed uno più piccolo inferiormente, non controllando i vettori verticali vado incontro ad un’estrusione del molare inferiore che sarà congruente con la correzione da noi voluta.
Invece, nel caso avessimo a che fare con un morso aperto, basterebbe invertire lo spessore dei fili, impiegandone uno di minori dimensioni superiormente, e un arco più spesso inferiormente.
Il filo di maggiori dimensioni non fa altro che eliminare le componenti estrusive.
In realtà però tutto questo non costituisce una meccanica funzionale, perché nel caso del morso profondo per esempio, se da una parte è vero che l’arco più sottile inferiormente, facilita l’estrusione del molare, che è ciò che noi ricerchiamo in questo caso, è vero anche che lo stesso arco non può riuscire a controllare i vettori sagittali i quali daranno luogo anteriormente alla proclinazione degli incisivi.
Di contro, nella risoluzione del morso aperto, l’impiego di un arco più sottile superiormente, produrrà inizialmente una chiusura del morso, ma in seguito non avendo anche qui il controllo delle forze sagittali, il perseverare della meccanica produrrà un’occlusione testa a testa a livello incisivo, derivata dalla riduzione dell’arco di cerchio dell’arcata superiore
E’ possibile sfruttare l’ancoraggio differenziato nel controllo del morso grazie al ruolo importante svolto dal canino, che divide l’emiarcata in due settori, uno anteriore e l’altro posteriore
Ciò vuol dire che se il nostro piano di trattamento prevede l’apertura del morso, dobbiamo far sì che le nostre trazioni vengano applicate dietro al canino;
al contrario, le estrusioni generate anteriormente al canino, causano un approfondimento del morso. Ciò determina una maggiore o una minore libertà di movimento a seconda che si sfrutti o meno un ancoraggio differenziato.
E’ possibile analizzare diverse situazioni:
Dal punto di vista biomeccanico, la chiave di tutto non è l’impiego di fili di diverso spessore, bensì l’utilizzo di trazioni elastiche a ridotta componente sagittale il cui fulcro d’azione troverà inserzione anteriormente o posteriormente rispetto al canino in funzione della correzione che si desidera ottenere.
9.1 Movimenti estrusivi nei settori anteriori
Si è discusso ampiamente su come l’impiego di elastici corti anteriori provochi la chiusura del morso.
La discriminante nella decisione sul settore dell’arcata su cui effettuare il movimento estrusivo, è data dall’estetica e più precisamente, dal sorriso del paziente.
Se, infatti il paziente espone le gengive durante il sorriso, l’indicazione terapeutica sarà contraria all’estrusione superiore, anche se nel tempo, con l’invecchiamento, la tonicità dei tessuti tende a diminuire, come dimostrato da un lavoro di Vig e Brundo (59), nel quale gli Autori si mostrano propensi ad un intervento di tipo estrusivo che interessi gli incisivi superiori.
E’ importante ricordare che non sempre la correzione del sorriso gengivale risulta essere di sola competenza ortodontica; infatti se la scopertura delle gengive coinvolge tutta l’arcata, allora sarà di pertinenza chirurgica. Al contrario, se fosse concernente solo il settore anteriore, sarebbe di interesse ortodontico; è di risoluzione parodontale in presenza di ipertrofia gengivale dovuta ad un’alterata eruzione passiva. Infine la risoluzione del sorriso gengivale è di pertinenza protesica in presenza di difetti a carico della corona dei denti, risolvibili mediante restauri protesici rispettando il corretto rapporto corona-radice.
La correzione di un morso aperto, mediante estrusione nel settore anteriore, può essere effettuata nei seguenti modi:
9.2 Pivot e meccanica intermascellare
Una meccanica non congruente nella risoluzione di una II classe con morso profondo, mediante l’ausilio degli elastici intermascellari, si basa sulla creazione di Pivot sui primi molari inferiori. Un occhio inesperto potrebbe pensare che la creazione di tali rialzi possa permettere l’apertura del morso; invece la presenza dei Pivot, in associazione alle meccaniche intermascellari, dà luogo ad intrusione del gruppo posteriore inferiore e ad estrusione del gruppo anteriore superiore. Tutto ciò, se in associazione ad un determinato biotipo facciale, come ad esempio il brachicefalo, causa l’accentuazione dell’OVB. Clinicamente tale situazione può essere identificabile visualizzando la convergenza degli archi e la presenza di una curva di Spee inferiore che progressivamente va ad accentuarsi, contestualmente al progressivo aumento del sorriso gengivale. Se si riscontra una situazione del genere sarà necessario accentuare la Spee nell’arcata superiore utilizzando un arco a pieno spessore quale lo .021x.025 SS, e invertire invece la Spee nell’arcata inferiore, ricorrendo ad un arco dello .019x.025 SS, con in aggiunta degli elastici corti, posteriori al canino, tali da consentire l’apertura del morso.
10. Meccaniche con forze direzionali
Le pieghe di II ordine inserite sull’arco, sono pieghe a deflessione verticale il cui scopo è quello di mettere in ancoraggio l’arcata.
Ciò genera come conseguenza a livello dei settori posteriori un movimento intrusivo.
In realtà la creazione delle pieghe di II ordine sull’arco,piuttosto che determinare l’intrusione del primo molare e del secondo premolare inferiore, causano un movimento intrusivo che parte dal primo premolare inferiore e si estende anteriormente.
. Se l’andamento intrusivo fosse inverso sarebbe ideale perché, coinciderebbe con ciò che ci si auspica di norma, in quanto è più difficile determinare un’intrusione posteriore piuttosto che un’anteriore.
Tweed (6), in seguito a tale risultato, pensò di ricorrere all’utilizzo di una meccanica intermascellare di III classe, su pazienti di II classe, di modo chè sfruttando le componenti verticali, fosse possibile opporsi all’estrusione degli incisivi superiori e alla vestibolarizzazione di quelli inferiori. Ne conseguiva però una perdita di classe.
Merrifield,(60) allievo di Tweed, apportò una correzione alla meccanica di notevole interesse; propose l’utilizzo delle trazioni ad archi separati
J Hook, che attaccandosi distalmente all’incisivo laterale inferiore, fanno sì che il vettore forza si estrinsechi verso l’alto. Quindi è possibile effettuare una meccanica di II classe con forze direzionali, solo dopo aver preparato l’ancoraggio con i J Hook.
Questo tipo di trazione permette il mantenimento dell’ancoraggio anteriore, consentendo sia la risoluzione del morso profondo, sia la riduzione del sorriso gengivale.
Tutto ciò non riveste soltanto un valore storico. Infatti con le meccaniche di II classe è possibile ottenere un miglioramento della classe dentale, ma a scapito della classe scheletrica che va incontro ad un peggioramento per la posterotazione del piano occlusale. Con le trazioni ad archi separati invece, l’intrusione realizzata posteriormente consente l’anterotazione del piano occlusale, migliorando così contestualmente sia la classe dentale, ma anche quella scheletrica.
10.1 Ruolo dei terzi molari
Nonostante in letteratura non ci sia nulla che adduca alla presenza dei terzi molari la mancanza di stabilità e di spazio in arcata, Tweed (6-60) e i suoi proseliti, prescrivono molte germectomie
Questo perché, dovendo mettere in ancoraggio l’arcata, tramite l’inserimento di pieghe di II ordine, la presenza degli ottavi crea un ostacolo al movimento di Tip Back dei primi molari.
Quello che ci si prefigge con l’utilizzo delle meccaniche di classe, è la creazione di un morso aperto posteriore tale da permettere un’anterotazione del piano occlusale che consenta contestalmuente il miglioramento della classe dentale e di quella scheletrica ottenuta mediante l’anterotazione del piano occlusale tale che possa diventare perpendicolare al piano di Mc Namara. Per ottenere ciò è necessario intervenire sui terzi molari, estraendoli.
10.2 Azione trasversale
La scomposizione del vettore forza in senso trasversale indica che c’è una tendenza al cambiamento della forma d’arcata durante l’utilizzo degli elastici di II classe; l’arcata superiore tenderà ad espanders
mentre l’inferiore propenderà verso la contrazion
Ma analizzando con più attenzione la situazione, è possibile notare come ciò non sia proprio vero perché l’orientamento dei movimenti trasversali, dipenderà dalla direzione della trazione; considerando l’arcata inferiore, se il vettore forza è diretto lingualmente, l’arcata tenderà a contrarsi;
al contrario, se invece, il vettore forza è teso vestibolarmente, l’arcata tenderà ad espandersi
Nella meccanica di II classe, l’elastico esercita una trazione diretta dal canino superiore al primo molare inferiore; poiché l’arcata superiore è più ampia dell’inferiore, l’andamento dell’elastico sarà diretto verso l’esterno inducendo una contrazione dell’arcata superiore ed un’espansione dell’inferiore.
Ne consegue l’instaurarsi di un rapporto testa a testa nel settore anteriore da attribuire ad un cambiamento dei rapporti sagittali, in quanto le arcate si troveranno ad occupare un arco di cerchio differente rispetto all’inizio.
Si deve aggiungere inoltre che, l’utilizzo di un tubo convertibile sul primo molare inferiore deve essere accompagnato ad una solidarizzazione mediante legatura metallica forzata al fine di evitarne una mesiorotazione.
Quindi, qualora si decida di prolungare la meccanica di II classe per tempi più lunghi, sarà necessario ricorrere all’impiego di archi in acciaio in espansione per l’arcata superiore e in contrazione per quella inferiore.
10.3 Progressione meccanica delle II classi estrattive e non estrattive
Il primo appuntamento prevede l’inserimento delle bande sui sesti superiori più bandaggio dell’arcata utilizzando un arco dello .016 Niti con due metodiche d’ancoraggio massimo anteriore quali bendback e laceback. Dopo 15 giorni è possibile aggiungere una trazione extraorale che mi agevoli nella risoluzione della malocclusione.
Successivamente, si proseguirà con la correzione, tenendo in considerazione l’OvB presente; quindi si procederà con l’applicazione delle bande sui sesti e settimi inferiori e bandaggio dell’arcata inferiore qualora l’OvB ce lo consenta, altrimenti si deciderà per una placca a battuta anteriore tale da permettere l’estrusione posteriore inferiore. In funzione dell’affollamento, se minore o maggiore, si proseguirà con un arco dello .016 o dello .012 in assenza di presidi d’ancoraggio quali il laceback.
Dopo aver livellato e allineato le arcate, si passerà al controllo dell’OVB mediante archi dello .020 SS sia superiormente che inferiormente, per passare successivamente agli archi di lavoro; lo .019x.025 SS, ci consente di effettuare la chiusura degli spazi ed inoltre è in grado di supportare le meccaniche di classe a finalità terapeutica ortodontica o ortopedica.
Presupposto fondamentale per la chiusura degli spazi è che, la stessa, non possa essere ottenuta facendo ricorso alle meccaniche intermascellari, bensì utilizzando gli elastici di I classe. Invece, gli elastici intermascellari, possono essere utilizzati per il controllo dell’ancoraggio, poiché permettono di modulare la chiusura a favore dell’ancoraggio stabilito
Per quanto riguarda invece le II classi estrattive, se in presenza di una II classe dentale di 5 mm, avessimo deciso di estrarre i primi premolari superiori e i secondi premolari inferiori, durante la chiusura degli spazi estrattivi, dovremmo ricorrere all’utilizzo della catenella elastica sui quattro incisivi, con in aggiunta il tieback elastico su entrambe le arcate e l’ausilio degli elastici di II classe che agiranno a favore della correzione di classe.
Guardando in maniera più approfondita la questione, è possibile notare come le meccaniche di II classe, non vengano propriamente utilizzate in tecnica Straight Wire nei casi estrattivi per il controllo dell’ancoraggio, poiché essendo l’elastico teso tra uncino distale al laterale superiore e tubo del sesto inferiore, l’elastico, potrebbe durante la sua azione, determinare una perdita d’ancoraggio del gruppo superiore posteriore.
. Onde evitare ciò, dovremmo ricorrere all’impiego di elastici corti verticali tesi tra secondo premolare superiore e secondo molare inferiore, affinchè si possano evitare gli effetti parassiti descritti precedentemente, che determinerebbero l’avanzamento del secondo premolare e del primo molare superior
Quindi lo scopo degli elastici di II classe è quello di provocare uno sbilanciamento delle forze in atto.
In realtà, dal punto di vista biomeccanico, l’efficacia degli elastici corti con andamento di II classe verrebbe dimezzata, se il loro impiego fosse atto a determinare una correzione di classe contestualmente alla chiusura degli spazi estrattivi
Infatti, un elastico teso tra secondo premolare superiore e secondo molare inferiore, ha una componente sagittale ridotta, tale da non riuscire a provocare una correzione di classe ottenuta mediante la mesializzazione del primo molare inferiore; c’è da dire però che il conglobare i settimi inferiori nella meccanica intermascellare, presuppone, che, il trattamento preveda un minimo movimento del gruppo posteriore inferiore, in quanto in ancoraggio. Inoltre, essendo pevalente la componente verticale del vettore, si avrà una maggiore predominanza dei movimenti estrusivi.
Quindi, una biomeccanica corretta per la chiusura dello spazio estrattivo dei primi premolari superiori e dei secondi premolari inferiori, prevede l’impiego di un elastico di I classe, in modo da evitare una perdita d’ancoraggio del settore superiore posteriore, con in aggiunta gli elastici di II classe che consentono un controllo dell’ancoraggio.
10.4 La gestione dell’ancoraggio
L’impiego dello spazio estrattivo è in genere adibito alla correzione dell’affollamento, della protrusione e della classe.
Arrivati alla chiusura degli spazi, la maggior parte dello spazio estrattivo è stato impiegato per la correzione dell’affollamento e della protrusione. In questa fase, a seconda di come abbiamo gestito il caso, si rende necessario l’impiego di rinforzi d’ancoraggio quali bendback, laceback e torque la cui azione si esplica sul settore anteriore; la trazione extraorale, la barra transpalatale, gli impianti, o il lip bumper, i quali invece danno massimo ancoraggio posteriormente
Se per esempio, per la risoluzione di una II classe, avessimo deciso di estrarre i primi premolari superiori ed i secondi premolari inferiori, il tieback utilizzato durante la fase di chiusura degi spazi, mi determina un movimento dentale reciproco, dei gruppi anteriori e posteriori, in ancoraggio medio, per sbilanciare il quale, è possibile adoperare in aggiunta, gli elastici di II classe, la cui azione rinforza l’arretramento del gruppo anteriore superiore
E’ necessario non sottovalutare la minima, ma seppur possibile, perdita d’ancoraggio in entrambe le arcate.
Franchi (61), in un articolo del 2008 sull’effetto dell’arco transpalatale durante il trattamento estrattivo, ha negato alla barra trans palatale il ruolo di presidio d’ancoraggio, sia in senso verticale, quanto in senso sagittale, sebbene risulti efficace nel controllo della trasversalità
La trazione extraorale, può essere considerata un buon dispositivo d’ancoraggio posteriore, così come gli impianti, adoperati sia nelle distalizzazioni dei gruppi anteriori, così come per l’ancoraggio superiore posteriore. Inferiormente, è possibile utilizzare il lip bumper, come ancoraggio posteriore inferiore; mentre, l’unico modo per aumentare l’ancoraggio anteriore, si ottiene dando torque positivo agli incisivi, opponendosi così alla forza di reazione.
Qualora invece, ci trovassimo di fronte ad una II classe con notevole affollamento e protrusione, la scelta estrattiva potrebbe essere orientata verso l’estrazione dei quattro primi premolari superiori ed inferiori, ciò a scapito della classe molare.
. In questo caso, al fine di poter correggere la II classe dentale, possiamo ricorrere all’impiego degli elastici di II classe su un arco tondo nell’arcata inferiore, di modo chè si renda possibile la perdita d’ancoraggio nel settore posteriore, raggiungendo così, la prima classe dentale.
10.5 Meccaniche asimmetriche
La correzione di una II classe monolaterale, può avvenire utilizzando strategie diverse:
ed un elastico di bilanciamento, triangolare, dal lato opposto
Inoltre è necessario aggiungere dal lato del bilanciamento, un tieback metallico
o un bendback,
onde evitare che il filo scorra vanificando lo scopo della meccanica.
meccanica simmetrica, nonostante, sia stata già raggiunta la prima classe dentale da una parte.
Ciò, fino a quando si otterrà il raggiungimento della prima classe dal lato lavorante e una ipercorrezione dal lato bilanciante, la cui finitura prevederà l’impiego di un elastico a box anteriore,finalizzando così il caso.
E’ importante però ricordarsi che, dei due parametri che caratterizzano il vettore forza, intensità e il tempo, quest’ultimo riveste maggiore importanza.
è da addurre a classi canine non corrette.
Mc Laughin, Bennet, Trevisi, (5) hanno proposto, in presenza di una seconda classe canina da una parte e di una terza classe canina dall’altra, l’impiego di una meccanica asimmetrica, utilizzando gli appositi elastici adibiti alla correzione di classe.
Ciò però non costituisce la correzione più appropriata, perché oltre a determinare la perdita di classe dal lato in terza classe canina, ottenendo una II classe,
avrà luogo anche uno sbilanciamento del piano occlusale da addurre all’estrusione del primo molare superiore, conseguente alla meccanica di III classe e ad una estrusione del primo molare inferiore, causata dalla meccanica di II classe.
A seguito di quanto esposto precedentemente, la meccanica più congruente per la risoluzione della II classe monolaterale si basa sull’impiego dell’elastico di seconda classe dal lato lavorante,
e di un elastico di bilanciamento dal lato opposto alla correzione, con in aggiunta il bendback o il tieback metallico. Inoltre, è possibile aggiungere un elastico da mediana
,cche è un elastico da finitura, il cui senso deve essere congruente all’elastico di classe, in modo tale da operare una correzione della linee interincisive, per una discrepanza pari a 2-3 mm. L’elastico da mediana, va attaccato ad una legatura Kobayashi,
il cui luogo d’applicazione viene deciso in base alla correzione che si vuole ottenere; maggiore è la componente sagittale, maggiore sarà l’entità della correzione da raggiungere.
11. BIBLIOGRAFIA